Dominique Vivant Denon

I viaggi, 1785

Dominique Vivant Denon nacque a Chalon-Sur- Saone nel 1747. Personalità brillante e dotata, riuscì a distinguersi sia come disegnatore che come scrittore.
Intorno al 1778 egli fu scelto dall’abate di Saint-Non per guidare una squadra di artisti e architetti nel regno di Napoli e di Sicilia al fine di effettuare una serie di ricerche in quei luoghi. Il Denon ebbe il compito primario di tenere il diario della spedizione. Questo diario costituì la base del testo apparso nella grande opera “Viaggio pittoresco a Napoli e in Sicilia”, curata dal Saint-Non e pubblicata dal 1781 al 1786.

Denon autoritratto
Vivant-Denon in un autoritratto esguito intorno al 1780. Originale Conservato presso il Philadelphia Museum of Art


Le illustrazioni del “Viaggio pittoresco” sono state in buona parte realizzate da Després e Chatelet, essendo il primo un architetto e il secondo un esperto pittore di vedute.
Di questo viaggio ci restano anche delle preziose testimonianze scritte sul territorio di Adernò (di cui vengono quì riportati alcuni brani), e delle bellissime vedute che ritraggono le famose cascate del Simeto (oggi non più esistenti), il ponte Biscari e gli antichi bagni di età romana.

Le cascate del Simeto in una stampa pubblicata nell’opera “Voyage pittoresque ou description des royaumes de Naples et de Sicile”, Parigi, 1781-86, di Jean Claude Richard De Saint Non, dal viaggio di D. Vivant Denon e la sua squadra. Tutta l’opera, interamente digitalizzata, è disponibile presso la biblioteca ETH-Bibliothek Zürich (www.e-rara.ch). Didascalia originale: “Vue des cascades de Fiume Grande au milieu des laves de l’Etna prés d’Aderno”

“…dopo aver cenato alla taverna (a Paternò), partimmo alla volta di Adernò. A dieci miglia di distanza, la strada continua, fiancheggiando le falde dell’Etna, attraverso la lava in un paesaggio piuttosto deserto, piantato ad olivi. Attraversammo prima gli greci, grosso villaggio a due miglia da Adernò, l’antica “hadranum”. Raggiungemmo quest’ultima poco prima di notte. Prima di entrare nella città, scorgemmo nei campi, a destra della strada, i resti di una costruzione alquanto mediocre, che farebbe quasi dubitare della sua antichità, se, in queste zone, non si trovassero numerosi esemplari di tal tipo di costruzione. C’è da credere che si tratti di una tomba.
L’arrivo ad Adernò fa pensare ad una grande città per la grandezza e la magnificenza dei suoi edifici, quasi tutti chiese e conventi. Vi è un grande castello, costruito dai normanni, in uno stile alquanto pittoresco.
Dormimmo nel convento dei cappuccini, dove il canonico, tanto gentile quanto preparato nella storia del suo paese ci propose di farci visitare l’indomani le antichità sparpagliate e quasi sperdute nella campagna dei dintorni della città attuale. Ci condusse d’apprima al tempio di marte, fuori della città antica e di quella moderna. (…). Di lì andammo a cercare il famoso tempio di Adernò: trovammo solo i resti di una vasta costruzione che si pensa corrisponda alla base del tempio travolto dalla lava; (…).
Al di là del tempio trovammo le antiche mura della città, costruite secondo la tradizione greca, (…). Scorreva un tempo sotto queste mura un piccolo fiume che fu imprigionato nella sua stessa sorgente da un’abbondante colata di lava che penetrò nella città, dando luogo a quelle innumerevoli sorgenti che sgorgano un po’ dappertutto nei dintorni e che rendono il territorio così fertile e ricco di alberi da frutto, di gelsi e di colture da giardino di ogni genere.
La città attuale malgrado il gran numero di monasteri, conta ancora diecimila abitanti. La pianta della chiesa principale è piuttosto bella e le colonne di lava sono di grande effetto. Vi si sono rinvenuti dei vasi etruschi (in realta’ sono greci) e delle monete; ma tutto è stato raccolto dal principe di biscari. Ne trovai una sola che non mi si volle nè vendere nè dare; portava su una faccia l’immagine di un granchio e sul rovescio un’aquila nell’atto di ammazzare un coniglio con la seguente leggenda greca: “adranion”. Ve ne sono altre con la testa di apollo sul diritto, mentre sul rovescio è raffigurata una lira con la medesima leggenda.
Partimmo da Adernò alle cinque e percorremmo cinque miglia. Giungemmo infine alle falde dell’Etna, nei pressi del fiume Regalbuto che si supera passando su di un ponte lungo più di cinquecento passi e sormontato da un acquedotto che raccoglie tutte le acque di Adernò e le trasporta da una terrazza all’altra, attraversando il vallone, ad una altezza di più di centoventi piedi sopra il livello del fiume. Quest’acquedotto presenta ventinove grandi archi e quarantasette piccoli. È un’opera regale, anch’essa dovuta alla magnificenza del principe di biscari, il quale, elargendo un simile ponte alla cittadinanza, ha creato un feudo, ieri privo di acque e destinato a rimanere incolto, e che oggi appare invece ricoperto dalle più ricche colture di grano e irrigato da abbondanti corsi d’acqua.”
(Dominique Vivant Denon, “I viaggi“, 1785).

 

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