Jean Houel

Viaggio in Sicilia e a Malta, 1785

Louis Houel nacque a Rouen, in Francia nel 1735. La sua formazione fu tutta improntata sull’esercizio del disegno e lo studio dell’architettura.
Houel si recò in Sicilia già a partire dal 1770, ma è dal 1776 che cominciò il suo itinerario per la visita dell’isola. La sua grande opera sulla Sicilia fu il frutto di ben quattro anni di visite ed escursioni compiute in moltissime località dell’isola. Da solo redige i testi del suo diario e tutti i disegni che documentano molti dei monumenti da egli visitati; negli anni immediatamente successivi trasformerà gran parte di questi disegni nelle splendide stampe definitive all’acquatinta (264 lastre di rame) che illustreranno i quattro volumi della sua monumentale opera, pubblicati tra il 1782 e il 1787.
Nel 1813 Houel muore, quando il suo “Viaggio pittoresco” era stato da tempo dato alle stampe e molto apprezzato dal pubblico. Molte delle tavole di illustrazioni che corredano la sua opera sulla Sicilia sono ancora oggi al Louvre e al museo dell’Ermitage.
Il famoso viaggiatore comincia il suo viaggio dal porto di Palermo, nel quale sbarca il 14 maggio del 1776; dalla capitale siciliana Houel inizia il suo itinerario visitando moltissimi centri dell’isola (compresa la tanto desiderata quanto impegnativa ascesa sull’Etna), dalla quale partirà il 10 giugno del 1779, imbarcandosi da Messina per ritornare a Parigi, dove di lì a qualche anno sarà testimone della rivoluzione.
La visita del territorio e della città di Adernò viene riportata nel terzo volume dell’opera: Houel si sofferma a descrivere i resti delle antiche terme romane e la veduta del feudo del principe di Biscari con il famoso acquedotto. L’autore inoltre si sofferma anche sulla descrizione dei costumi di alcune donne adornesi e del loro modo di abbigliarsi e comportarsi quando vanno in chiesa, tentando di dare una spiegazione di questi costumi riferendosi anche ad un racconto popolare, forse ascoltato da qualcuno nella stessa cittadina.

Una delle illustrazioni della famosa opera di J. P. L. Hoüel, “Voyage pittoresque des isles de Sicile, de Malte et de Lipari”, Paris, 1782. I quattro volumi dell’opera, interamente digitalizzati, sono disponibili presso il sito americano “Internet Archive”, (www.archive.org). Didascalia originale: “Bain antique d’Aderno”. La biblioteca nazionale francese conserva inoltre un esemplare originale dell’opera.

Acquedotto sul Simeto. Prima che questo fiume si fosse scavato nella lava il letto così profondo in cui oggi scorre, le sue acque correvano alla superficie della stessa lava; (…) Nel presentare questa veduta il mio scopo è stato quello di mettere sotto gli occhi dei lettori il luogo dell’Etna più adatto a fornire la prova (…) che la base del vulcano è formata da strati alterni di lava e di sedimenti marini che si sono sovrapposti successivamente (…).
I depositi marini sono pressappoco orizzontali, più o meno secondo la natura del terreno dove si posano. Dal punto rappresentato in questa tavola fino al mare ci sono circa ottanta tese di altezza; il fiume deve percorrere otto e dieci leghe prima della foce, il che significa una pendenza di dieci tese per lega, cioè un corso molto rapido (…).
Durante le grandi alluvioni il fondo del fiume varia continuamente; (…) Tuttavia si passa sempre nel punto in cui convergono le strade e ci si arrischia a guadare sia di giorno che di notte senza nessuna precauzione. Io l’ho attraversato di notte con i miei bauli a dorso di mulo; questi animali sono costretti a camminare con molta destrezza fra pietre enormi che non possono vedere sotto l’acqua. Spesso inciampano e, se cadono, si muore quasi inevitabilmente. Simili disgrazie sono accadute abbastanza spesso e potrebbero essere evitate sia con un ponte sia con un traghetto. Le costruzioni che si scorgono sulla riva sinistra sono quelle di un mulino, dove la gente dei dintorni porta a macinare il grano.”

“Bagno antico. Nelle vicinanze (di Adernò), nella proprietà del canonico Ciancio, si eleva una costruzione piuttosto imponente e abbastanza singolare da attirare l’attenzione. L’ignoranza dei sedicenti antiquari del paese, la vanità patriottica, la leggerezza con cui la maggior parte dei viaggiatori esamina quello che vede, hanno fatto riconoscere in questo edificio i resti del famoso tempio di Adrano, tanto celebre per delle caratteristiche che hanno più del fantastico che del verosimile. Gli autori dei disegni del <<Voyage de l’Italie et de la grande Grece>> non hanno esitato a condividere questa affascinante finzione ed hanno scambiato dei muri fatiscenti, coperti da un manto folto di edera per la vestigia del santuario. Ma se si fossero presi la briga di scavalcare un cumulo di pietre, e per farlo bastava seguire l’esempio degli animali che ho raffigurato nella tavola, questi disegnatori avrebbero visto la facciata principale dell’edificio e avrebbero capito che una costruzione così modesta non poteva venire scambiata per un grande luogo di culto; chè tutti i templi antichi erano costruiti per lo meno in pietra da taglio, mentre questo edificio era fatto di mattoni e pietra lavica e non poteva essere perciò il tanto celebrato tempio di Adrano. Avrebbero capito, come me, che si trattava solo di un bagno e per giunta della tarda antichita’, del periodo cioè in cui la Sicilia e l’impero romano non potevano più contare sulla collaborazione di grandi artisti. Lo si puo’ constatare facilmente dalle sue strutture, da me rappresentate fedelmente in tutti i particolari; a un esame più scrupo­loso, anche quei signori si sarebbero resi conto che una costruzione così mediocre non poteva appartenere a un’epoca tanto antica: oltretutto non avrebbe potuto sfidare il tempo cosi a lungo. La tecnica ar­chitettonica, la pianta, non sono affatto quelle di un grande edificio; e quando si vede che a sei piedi di distanza, in un canale in muratura scorre un ruscello di acqua limpida profondo circa un piede, non si puo’ pensare ad altro che a un bagno.
Abituato a rappresentare fedelmente gli oggetti che propongo ai miei lettori, non ho voluto omettere la persona che si trovava sul luogo quando ho eseguito il disegno. Quest’uomo che coltiva i campi guidando un aratro è il canonico ciancio in persona; egli si diverte a lavorare la sua terra, provando piacere in quest’esercizio che a noi sembra così faticoso. Lascia il breviario su una pietra ai piedi di un albero, traccia qualche solco e per riposarsi va a leggere qualche pagina; poi riprende l’aratro e torna a leggere; io nel frattempo dipingo, e mi dico di tanto in tanto che non diversamente cincinnato e gli altri consoli romani dovevano coltivare i loro poderi.
Adernò, un tempo chiamata adranum, era costruita ai piedi dell’Etna. Diodoro racconta che fu fondata da dionigi il tiranno; il che è possibile, ma il suo tempio consacrato al dio Adrano era assai più antico; e mi sembra molto più probabile che i devoti, attratti dal culto, abbiano pian piano creato e ingrandito la città. Il dio Adrano aveva, come racconta eliano nel libro XI, cap. 20 della sua opera <<sulla natura degli animali>>, mille cani a lui consacrati. Questi animali particolarmente intelligenti accoglievano festosamente gli uomini dabbene che durante il giorno venivano a visitare il tempio e di notte li riaccompagnavano a casa. Ma se capitava da quelle parti un brigante o un malfattore, i cani gli saltavano addosso e lo dilaniavano senza pietà. Giudicate un po’ voi se dionigi il tiranno potesse scegliere un posto del genere per fondarvi una città. Non sarebbe mai uscito vivo dal tempio.”

Una delle illustrazioni della famosa opera di J. P. L. Hoüel, “Voyage pittoresque des isles de Sicile, de Malte et de Lipari”, Paris, 1782. I quattro volumi dell’opera, interamente digitalizzati, sono disponibili presso il sito americano “Internet Archive”, (www.archive.org). Didascalia originale: “Maniere de s’habiller de quelques femmes”. La biblioteca nazionale francese conserva inoltre un esemplare originale dell’opera.

“Costumi delle donne di Adernò a Paternò avevo alloggiato presso i cappuccini; qui fui ospite dei frati minori. Fui ricevuto grazie all’invito di un religioso che incontrai appena arrivato ad Adernò e che mi aveva riconosciuto per avermi visto in un altro convento del suo ordine. Questo procedimento ricorda molto l’ospitalita’ degli antichi, i quali alle porte della città pregavano gli stranieri di venire ad alloggiare presso di loro.
Il giorno seguente, che era una domenica, mi recai alla messa celebrata da quei bravi religiosi: vidi delle persone conciate in maniera stranissima che correvano dall’altare maggiore alle cappelle laterali, facevano profonde genuflessioni e recitavano brevi preghiere. Stupito dal loro modo di vestire e dal loro andirivieni continuo, pensai in un primo momento che dovesse trattarsi di povere disgraziate; infatti, malgrado la singolarita’ dell’abbigliamento, riconobbi in queste figure delle donne, che, per espiare eneormi peccati, vestite da penitenti, si rivolgevano a tutti i santi per trovarne uno benevolo. Seppi invece che si trattatva di una manifestazione di devozione del tutto ordinaria, in quanto quelle brave donne sono persuase che più santi si pregano tutti insieme, più si guadagnano indulgenze e aiuti dal cielo. Seppi anche che quell’abito, che mi sembrava adatto a delle penitenti, altro non era che il palandrano, cioè il mantello col cappuccio dei loro mariti, che queste donne indossavano per andare a messa, poichè marito e moglie che devono avere tutto in comune, come si sa, hanno un solo vestito per tutti e due; chi resta in casa lo presta a chi esce e la domenica se lo scambiano a turno per andare in chiesa. Mentre ero tutto intento ad osservare quelle donne, ne vidi altre tutte avvolte in un lenzuolo bianco, le cui estremita’ erano attaccate e passate dietro nella cintura, mentre il resto pendeva fino all’orlo della sottana e risaliva fino alla testa. Si veda la figura cinque, dove si scorgono gli angoli inferiori del lenzuolo riportati davanti e fissati alla parte ripiegata e pendente, in modo che il vento non la sollevi. È così che queste donne vanno vestite sia in chiesa, sia quando escono per sbrigare qualche commissione; cosa che non capita spesso, perchè questo popolo povero, privo di tutto e senza cognizione nè desiderio di niente, ama solo il piacere di far nulla, il <<dolce far niente>>, come dicono gli italiani. Nessuno di loro uscirebbe dalla sua casupola se non lo spingesse la necessita’ di andare a messa e di procurarsi da mangiare. Sotto il lenzuolo o il palandrano, le donne hanno di solito i piedi nudi; la stessa ragione le spinge a fare a meno delle scarpe come del vestito: la più nera miseria.
Si racconta che quando la Sicilia era governata dai baroni, qualche secolo addietro, era così povera che in alcuni luoghi, e particolarmente ad Adernò, la plebe non aveva neanche di chè coprire la sua nudita’; le donne per pudore non osavano più andare in chiesa. In quel periodo divenne baronessa di Adernò una donna assai dotata di sensibilita’; non potendo vestire tutte queste poverette, fece dire loro, e lo proclamo’ in un editto, che una donna che uscisse di casa avvolta nel lenzuolo del proprio letto, sarebbe considerata vestita molto decentemente; che la regina bianca, madre di san luigi, si vestiva sempre così; che, per togliere loro ogni scrupolo, essa stessa si vestirebbe col suo lenzuolo e che da allora in poi andrebbe così abbigliata a messa e alla processione nei giorni di festa. Fece come disse e tutte le donne della sua baronia si affrettarono ad imitarla. Non c’è bisogno di dire che si tratta di una favola: chiunque cada in miseria vende le lenzuola prima ancora dei calzoni o della gonna e un popolo miserabile dorme bene anche sulla nuda paglia.
Adernò è tra le città moderne costruite a spese degli antichi edifici di abitati preesistenti, che vengono in tal modo del tutto cancellati. Le chiese, i monasteri che qui sono molto sontuosi, i palazzi, le fortezze, tutto è stato eretto saccheggiando i materiali che erano serviti a costruire gli antichi edifici. La posizione di Adernò, piuttosto elevata, è molto amena; l’aria è assai salubre; le acque abbondano e sono di qualita’ eccellente. Ricco per le risorse naturali, il paese è oggi povero artisticamente, perchè le arti lo hanno ab­bandonato. Lasciata la città sono sceso costeggiando il fiume Simeto per traghettare a mezza strada tra Adernò e Paternò. Questo traghetto sostituisce il ponte di Paternò, oggi distrutto, e che sostituiva a sua volta il ponte di centorbi, rovinato in tempi molto più antichi. Continuando a scendere, a una mezza lega dal traghetto, si incontrano le rovine dell’antico ponte di centorbi, stupenda costruzione romana.”
(J. Houel, Viaggio in Sicilia e a Malta, 1785)

 

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