Il Mongibello descritto, 1636
Pietro Carrera nacque a Militello nel 1571. Votatosi alla vita ecclesiastica, soggiornò per qualche tempo a Palermo, indi si stabilì a Catania. Uomo dai molteplici interessi, studioso di letteratura e archeologia, pubblicò anche un libro (conosciuto ancora oggi, in ambiente scacchistico) sul gioco degli scacchi.
L’erudito ecclesiastico morì a Messina nel 1647, già da tempo conosciuto e apprezzato nei suoi studi anche da alcuni nobili siciliani, come il principe Butera e i signori Moncada della Contea di Adernò.
Nel 1636 venne data alle stampe la prima edizione de “Il Mongibello descritto”, in cui Carrera trattò sinteticamente del territorio etneo e delle più importanti eruzioni storiche a partire dall’antichità fino ai primi decenni del ‘600. Nel libro inoltre si narra dei “…miracolosi effetti contra il fuoco seguiti per virtù del Sacro Velo della gloriosa S. Agata”. Una delle ultime eruzioni descritte nel libro durò a lungo e verso il 1610 interessò anche il territorio di Adernò.
La descrizione che “Petrus” Carrera fa di questa eruzione è molto importante, perché si riferisce ad una delle pochissime eruzioni (di cui l’autore fu testimone diretto) che coinvolsero il territorio di Adrano a quote così basse e che costituì l’unica seria minaccia per il centro abitato di Adernò che si sia mai verificata almeno nell’ultimo mezzo millennio.
“Nessuno dè più grandi incendj di Mongibello inferiore stimarsi si deve quello, che a’ nostri tempi è successo, poiché comparito nel mese di Luglio l’anno 1603 s’è continuato infino al presente 1636 senza cessar punto. Apparve la prima volta fuor della gran voragine, che stà nella cima del monte, dalla quale in guisa d’ampia, e lunga face innalzandosi nell’aria con terrore dè vicini popoli promettea (non) piccioli torrenti di fuoco apportatori di gravissimi danni; e perché la Montagna doveva partorire (l’immensa), e orgogliosa materia, della quale era pregna, né di buttarla per la superiore apertura era bastante, essendone impedita dal grave pondo, (leggi”tappo”) che a’ tanta altezza ergere non si potea, fé terribili, e orrendi tremuoti, dopo i quali l’anno 1607 mandando dalla suprema caverna un’ardente fiume verso Levante coprì un’amplissimo lago quasi un miglio discosto, nel quale come in una conca si ragunavano le acque liquefatte delle nevi, e all’hora fù notato, che Mongibello delle pietre, che buttava, havendo fatto un’arco di fabrica su le labra della voragine da Tramontana a Mezzogiorno accrescendolo l’innalzò in tondo per tutto, né molto dapoi lo sfabricò cò l’impetuoso torrente, che fuor gittava, e squarciando con violenza alcune coste del suo medesimo corpo fè larghissima fenestra della banda di Ponente, onde il fuoco scorse verso Aternò (…).
Continuò questo incendio per qualche (tempo); indi nell’anno 1610 a’ 6 di Febraro Mongibello per un’altra caverna mandò fuoco verso Aternò, il quale si dilungò per un miglio di corso, e si dilatò di fianco per un’altro miglio. Ai tre di Maggio dell’anno medesimo il Monte roppe in un’altra parte, e corse verso la sudetta Terra per cinque miglia in lungo allargandosi ad ampiezza di due miglia, havendo bruciato, e coperto la maggior parte della Pinita, e poca del bosco, che chiaman la Sciambrita, e (gran) quantità di vigne nella contrada, che dicono la Cisterna, e ciò fù nel termine di tre mesi, e mezzo, nè quali durò il torrente di fuoco.” (Pietro Carrera , Il Mongibello descritto, 1636)