Marchese di Villabianca

Ponti sui fiumi della Sicilia, 1791

Francesco maria Emmanuele e Gaetani, marchese di Villabianca, nacque a palermo nel 1720. Egli fu un instancabile ricercatore d’archivio e dedicò tutta la sua vita allo studio di argomenti storici siciliani, o di altri argomenti di attualità del suo tempo. Le sue interminabili ricerche gli fruttarono una quantità non indifferente di manoscritti, opere per lo più di carattere storico, alcune di esse pubblicate. Tra queste ricordiamo la “Sicilia nobile”, opera in cinque volumi, pubblicata dal 1754 al 1759.
Il brano qui riportato sul ponte-acquedotto Biscari è stato tratto dal volume XXI degli “Opuscoli palermitani”. Questo studio sui ponti siciliani mostra come l’autore avesse intrapreso, in età ormai avanzata, alcune ricerche di natura più specificamente territoriale, infatti egli si occupò anche delle torri litoranee e delle tonnare di Sicilia.
All’erudito marchese va riconosciuto il merito di avere messo in luce con questo lavoro sui ponti siciliani un serio problema a quei tempi per la Sicilia, concernente la precarietà e l’insufficienza delle infrastrutture viarie e dei collegamenti a scala territoriale, di cui i ponti costituivano spesso la parte più delicata. Morì il Marchese di Villabianca nel 1802 a palermo.

Il ponte Biscari in una stampa realizzata su disegno di L. J. Desprez pubblicata nell’opera “Voyage pittoresque ou description des royaumes de Naples et de Sicile”, Parigi, 1781-86, di Jean Claude Richard De Saint Non, dal viaggio di D. Vivant Denon e la sua squadra. Tutta l’opera, interamente digitalizzata, è disponibile presso la biblioteca ETH-Bibliothek Zürich (www.e-rara.ch). Didascalia originale: “Vue d’un vaste Acqueduc construit par le Prince de Biscaris prés de Catane, et renversé par un Ouragan en 1780”

 “ Biscari .questo ponte detto di Biscari, che fiorì a’ tempi nostri sul fiume della Giarretta presso Catania, non più si conta nel regno perché presentemente va rovinato. Fu egli però un dé ponti più superbi e magnifici della Sicilia, per non dirsi il primo tra i medesimi, avendo portato archi 31 nella sua estensione, il maggiore dé quali che cavalcava il fiume tenne di luce 120 palmi; la sua altezza fu computata nella sua maggiore elevazione alla misura di palmi 160 Siciliani, quanto che arrivava a pareggiare le opposte alture della campagna. Il celebre gran principe di Biscari Ignazio Vincenzo Paternò Castello ne fu l’autore, fabbricato avendolo tutto a sue spese di migliaja e migliaja di scudi e in tempo non meno di dodici anni, cioè dal 1765 sino al 1777, in cui venne portato a fine. Tanta fu la mole dell’opera che s’ebbe a fare.
Appena però tal ponte, che avea fatto di sé comparsa così superba in regno, come di uno dé più eccelsi ornamenti della Sicilia, appena – dico- passato un lustro di sua durata, andar videsi tutto in rovina, strascinato dalla tempesta di una fiera illuvione d’acque, che dié furia alle onde di involarlo al mare. Quale disgrazia fu tanto fatale al regno che strascinò seco la morte dell’illustre fondatore, che era l’onor del paese, e apportò al publico la perdita del gran commodo che si avea dell’uso di questo ponte. Vedine la figura in rame appo il t. IX diarij palermitani Villabianca, anno 1777, fogl. 169.”
(Marchese di Villabianca, Ponti sui fiumi della Sicilia, 1791 )