Vitae sanctorum siculorum, 1657
Ottavio Gaetani, nato a Siracusa nel 1566, è considerato uno dei maggiori studiosi nel campo dell’agiografia siciliana della prima metà del Seicento. Di genitori nobili, decise ben presto di dedicarsi alla vita ecclesiastica ed all’età di sedici anni cominciò il suo noviziato presso la Compagnia di Gesù nel collegio di Messina e successivamente si recò a Roma dove, completato il corso di Studi presso la Curia Generalizia, fu ordinato nel frattempo sacerdote nel 1595. Rientrato in Sicilia nel 1597, si stabilì nel collegio gesuitico di Palermo, di cui divenne rettore.
La sua opera più importante, a cui si dedicò sin dai primi anni del Seicento fino alla morte avvenuta nel 1620, fu certamente “Vitae sanctorum siculorum“, un’ampia raccolta di biografie sui santi siciliani. La versione definitiva di quest’opera venne data alle stampe soltanto nel 1657, quindi dopo la morte del suo autore, a cura di un confratello del Gaetani, Pietro Salerno.
Questa opera imponente, composta da due tomi, riporta ben 217 biografie, per la cui redazione il Gaetani si servì certamente di documenti diversi che riuscì a procurarsi da diverse parti della Sicilia, grazie anche ai suoi collaboratori. In quest’opera vi è inclusa anche la vita di San Nicolò Politi di Adernò, della quale il Gaetani cita come principali fonti documentarie gli scritti (in greco) dell’abate Cusmano del monastero basiliano di Santa Maria del Rogato presso Alcara Li Fusi, fondato con ogni probabilità nel sec. XI e che accoglieva un gruppo di monaci ortodossi.
Oltre alle fonti medioevali, il Gaetani consultò certamente l’opera manoscritta dal titolo “Vitae, processus et miracula aliquot Sanctorum Siculorum“, conservata nella biblioteca comunale di Palermo, redatta probabilmente verso la fine del ‘500 e i primi del ‘600, dal padre gesuita Nicolao Faranda, composta da 33 fascicoli e che contiene già una prima stesura sulla vita e i miracoli del santo adornese.
Quì di seguito potrete leggere la parte iniziale della vita di San Nicolò riportata nell’opera del Gaetani, fino al miracolo della fonte, in cui si narra che il Santo eremita, finalmente giunto nei pressi di Alcara e molto stanco, chiede a Dio con una preghiera di trovare una sorgente per potersi ristorare e viene subito esaudito dopo che una voce divina lo invita a percuotere con un bastone una parete rocciosa dalla quale improvvisamente comincia a sgorgare l’acqua.
“In quel tempo mentre regnava l’illustre Conte Ruggero, il quale con le armi aveva liberato la Sicilia dalla dominazione dei Saraceni, nacque in Adernò il Beato Nicola dalla famiglia Politi; ebbe genitori non infimi, ma tra i primi della sua città; non avendo (detti genitori) a chi potessero lasciare i loro beni e ricchezze, pregando il Signore nostro Gesù Cristo e la sua Santissima Madre, con molte preghiere, digiuni ed elemosine, ebbero un unico figlio Nicola. Il fanciullo progredendo con buon carattere, fu affidato a dei maestri, dai quali fosse istruito nelle lettere.
Già i genitori temevano ormai la fine della (loro) vita, stabiliscono sulla moglie che doveva essere presa dal figlio, alla quale volendo unito Nicola, e quasi anche (lo) costringono; egli poi si rifiutava del tutto, e non potendo sfuggire alla loro imposizione con altro modo, decise di prendere la fuga di nascosto a tutti; ma infatti, di giorno e di notte volgeva nella sua mente ciò che è scritto nel Vangelo: “Se qualcuno vuole venire dietro di me e non odia suo padre, sua madre, e la moglie, e i figli, e i fratelli e le sorelle, non può essere mio discepolo”.
Nella notte dunque, che la Provvidenza di Dio aveva destinato, quando tutti erano andati a letto, e il sonno strettamente (li) aveva afferrati, mentre Nicola aveva deciso di lasciare la casa, la patria, e i genitori, e tutto quanto sperava di avere dai genitori, stimandoli un niente per l’amore di Dio e pensa alla fuga, questa voce a lui viene dal cielo: “Nicola, alzati e seguimi”.
Subito egli si alza e seguì (la voce) che gli diceva: “vieni con me e ti mostrerò un luogo salutare di penitenza, salvifica nel quale, se avrai voluto, potrai salvare la tua anima”.
Pertanto accompagnato verso una zona media del monte Etna, trovata a uso una grotta coperta di cespugli si nascose in essa dove con digiuni e preghiere, specialmente dandosi assiduamente alla meditazione della passione di Gesù Cristo, e castigando il corpo con battiture e altri tormenti, (vi) rimase quasi tre anni.
Ma poichè quel luogo gli sembrava menomamente adatto ai suoi progressi, ed era vicino alla patria, e i suoi genitori cercavano il figlio, la divina Provvidenza volendo allontanare da quel (luogo) Nicola, gli spedisce un suo messaggero, con questi ordini: “Nicola non rimanere più quì: infatti i tuoi (genitori) ti cercano, perchè se ti trovano, ti porteranno in patria; e pertanto perderai ciò che hai cominciato. Ma avvìati verso il luogo che ti avrò mostrato, verso Alcara, sotto il monte Calanna, dove dimorerai (finché) finisci la vita”.
Spuntata l’aurora, Nicola partito dall’Etna, intraprende il suo viaggio verso il luogo che gli aveva rivelato l’Angelo, ma essendo giunto in mezzo del bosco il Demonio in veste di mercante gli va incontro e pertanto (così gli) parla: “dove vai, o misero, così solo”? Lui risponde: al monte Calanna, presso Alcara dove sono mandato. Il nemico degli uomini rispose: ” vieni con me, infatti meglio ti accadrà; ti mostrerò le mie città e luoghi, e che ti darò, se avrai obbedito alle mie parole; in cui vivrai colmo di migliori piaceri, molto più lieto che nel monte Calanna”. Udite queste cose, il B. Nicola, meditando nel suo animo diceva: chi è costui che mi trattiene dal mio viaggio; e chi mi promette le sue ricchezze e il suo pane che mangerò, e le vesti e i suoi piaceri, di cui godrò in questo secolo, e mostra verso di me tanta carità? E tosto, richiamando nell’animo la Passione di Cristo, e volgendo gli occhi al cielo: Oh Signore Gesù Cristo, per le tue cinque piaghe, e per la tua passione, concedi che sfugga ai lacci di questa tentazione. Finita questa preghiera fu liberato da quella molestia e il Demonio sparì dai suoi occhi. Dunque, compiuto il viaggio iniziato, giunse al luogo, il cui nome (oggi) è Acqua Santa. Ivi, stanco per il viaggio e afflitto per le solite penitenze del suo corpo, cominciò a soffrire la sete. Per la qual cosa, steso a terra e sollevati gli occhi al cielo, pregò Dio con questa preghiera:
O Signore, che un tempo, dalla pietra facesti sgorgare abbondantissime acque, concedimi, (ti) prego, che quì possa trovare l’acqua, con cui ristori il mio corpo. Detto ciò, udì una voce dal cielo: Alzati, Nicola, e la roccia che vedi, percuoti col tuo bastone, nel nome del Padre, e del figlio, e dello Spirito Santo, ed essa ti darà quello che chiedi.
Come udì, così eseguì e subito l’acqua sgorgò dalla roccia, poi i tormentati da varie malattie e dolori bevendo questa (acqua) diventarono sani.”
(Ottavio Gaetani, Vitae Sanctorum siculorum, 1657).
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