Le cascate del Simeto

Le cascate del Simeto nei Pressi di Santa Domenica in un dipinto del pittore paesaggista e scrittore Karl Gothard (o Gotthard?) Grass del 1808. La veduta è stata realizzata dalla sponda occidentale del fiume, durante una piena. Il dipinto originale è conservato presso il Latvian National Museum of Art (Riga, Lettonia); l'immagine digitale tratta da Wikimedia.org (url page: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Karl_Gothard_Grass_-_The_Caracci_Waterfall_Near_Aderno_at_the_Foot_of_Mt._Etna_-_Google_Art_Project.jpg)

Una delle maggiori attrattive naturali del nostro territorio sono sempre state le famose cascate del Simeto, ubicate nei pressi della chiesa di Santa Domenica, a circa 3,5 km dal centro abitato di Adrano, in direzione nord-ovest. Esse sorgevano in un contesto ambientale di particolare valore storico e naturalistico, in un’area già abitata in età sicula, con la presenza a poca distanza della città del Mendolito ed in seguito, nel periodo medioevale, del villaggio agricolo arabo-normanno denominato casale “Bulichiel”, citato anche dal Prof. S. Ronsisvalle nel suo libro sulla storia di Adrano (Adrano nella storia). Proprio dal nome del casale Bulichiel deriva il toponimo dell’area in cui sorgevano le cascate, ovvero “Policello” (Puliceddu).
Rimangono oggi alcune preziose testimonianze costituite da scritti, vedute e foto che ci hanno lasciato diversi viaggiatori, storici, geografi e naturalisti, soprattutto nei secc. XVIII e XIX. Tutte queste descrizioni sono oggi ancora più importanti considerato che le cascate non sono più esistenti. Ciò avvenne a causa di un crollo (dovuto a cause naturali, forse per l’azione di alcune piene del fiume) del massiccio lavico da cui si riversavano le acque del fiume, avvenuto probabilmente tra il primo e il secondo decennio del ‘900. Le ultime testiminianze scritte e le rare foto rimasteci risalgono infatti a questo periodo.
Il famoso viaggiatore francese Dominique Vivant Denon, venuto in Sicilia a capo di un gruppo di vedutisti e architetti per documentare, attraverso scritti e disegni, i luoghi da essi visitati di particolare interesse storico-monumentale ed ambientale, scrisse, riferendosi proprio all’area in cui sorgevano le cascate che “…le rive del fiume Aderno, l’Adranicus Amnis secondo Diodoro, presentano soprattutto una sequenza di punti di vista infinitamente suggestiva, le sue acque alimentate da numerose sorgenti, scorrono tra i detriti che ingombrano il suo corso, ed arrivano a generare diverse cascate variamente accidentate: la più notevole è quella di San Domenico, così chiamata del nome di una piccola cappella che è sopra. Questa singolare cascata è davvero curiosa da vedere, si trova a un miglio dal Ponte di Carcaci, dove è formata da una lava che attraversava il letto in cui scorreva il fiume. La lava, resistendo per la sua durezza all’attrito e allo sforzo delle acque, che dappertutto scavano le lava più compatte, si è opposta formando una barriera immobile che le acque sono costrette a superare, e a ricadere in diverse cascate di circa venti piedi di altezza, e poi si ricongiungono al Symetho o Giarretta.” (pubblicato nell’opera di J. C. R. de Saint Non, Voyage pittoresque ou description des royaumes de Naples et de Sicile“, 1781-’86).
Altrettanto interessante ci appare l’illustrazione delle cascate (pubblicata nello stesso volume), su disegno di Jean Louis Desprez, pittore e architetto che fece parte della spedizione. Nella stampa possiamo notare una piccola costruzione che sporge dal ciglio superiore delle cascate, la quale presenta, a coronamento del tetto a falde, una specie di lanternino o cella campanaria: si potrebbe pertanto trattare proprio della chiesetta di Santa Domenica.

Le cascate del Simeto in una stampa pubblicata nell’opera “Voyage pittoresque ou description des royaumes de Naples et de Sicile”, Parigi, 1781-86, di Jean Claude Richard De Saint Non, dal viaggio di D. Vivant Denon e la sua squadra. Tutta l’opera, interamente digitalizzata, è disponibile presso la biblioteca ETH-Bibliothek Zürich (www.e-rara.ch). Didascalia originale: “Vue des cascades de Fiume Grande au milieu des laves de l’Etna prés d’Aderno”

Nei primi anni dell’Ottocento, esattamente nel 1808, sarà un poeta e pittore tedesco, Karl Gothard (o Gotthard?) Grass, a documentare con un dipinto le cascate (vedi immagine di apertura), riprese durante una piena dalla sponda destra del fiume: osservando il dipinto, si intuisce che per il pittore tedesco le cascate sono espressione dell’immane potenza della natura, secondo una concezione che ha caratterizzato buona parte della pittura di paesaggio di età romantica.
Altra interessante descrizione è quella pubblicata nell’opera del canonico Giuseppe Recupero, dal titolo “Storia naturale e generale dell’Etna“, pubblicata nel 1815 dopo la morte dell’autore dal nipote Agatino Recupero. Scrive il canonico che, più a valle del ponte dei Saraceni (denominato “Ponte di Carcaci”), “...prosiegue il fiume il suo corso sopra le lave, ma essendo qui tagliato quasi per linea retta il suo alveo, scola con grandissima velocità. Termina finalmente la detta lava cangiata in rupe alta forse cento palmi, onde il fiume viene obbligato a precipitarsi da quella balza, e forma una cateratta ben grande, e vistosa con uno scroscio, e fragore molto strepitoso. Scemando le sue acque sbocca come per tanti canali; nelle piene però cade tutto unito a guisa di una gran tela, ove battendo il sole formansi delle iridi assai vaghe, non già sopra le gocce dell’acqua, ma sopra tutta quella gran tela al pari di quella del Fiume Velino, quantunque la sua cateratta fosse maggiore di questa, secondo fu misurata dal padre kircher. Sotto questa gran rupe vi è una grotta, onde scaturisce gran quantità d’acqua bruna e fredda, che trasporta rena nera, e da quest’ acqua appunto dicono che il nostro Fiume prende il nome Simeto.” Lo studioso nota il formarsi dei colori dell’iride per l’effetto di scomposizione della luce che filtra attraverso il pulviscolo d’acqua che si forma sulle cascate, e ci riferisce inoltre della presenza di una grotta sotto le cascate da cui scaturiscono le acque di una sorgente. L’autore inoltre ci fornisce una stima dell’altezza delle cascate, di circa cento palmi, in che vuol dire circa venticinque metri, un’altezza a mio avviso eccessiva, se si considera invece che il Denon, come abbiamo già visto, stimava un’altezza di circa venti piedi, ovvero intorno ai sei metri.
Lo scienziato tedesco Sartorius Von Waltershausen, che studiò a fondo il territorio etneo tra in quarto e il quinto decennio dell’Ottocento, realizzando anche i rilievi topografici di tutto il territorio dell’Etna, ci lascia un’altra interessante descrizione dell’area in cui sorgevano le cascate, mettendo ben in evidenza la loro antica struttura derivata dalla presenza di un massiccio basaltico formatosi in età preistorica. Nel secondo volume dell’opera “Der Aetna”, pubblicata postuma nel 1880, possiamo leggere: “Apparentemente più profonda della terrazza di Ponte Aragona è quindi probabilmente anche più antica è la terrazza del Salto del Pullicino. Che si trova più in profondità lo si può chiaramente riconoscere alla fine a nord della terrazza che precede vicino la chiesa di S. Domenica. Essa supera il fiume in un massiccio di 16-18 m, il quale mostra una superficie in parte irregolarmente a struttura colonnare, e si propaga corrispondentemente sulla riva opposta. Per di qua dà luogo alla formazione di una cascata molto bella che tuttavia porta solo nei mesi piovosi una imponente quantità di acqua. Essa è rappresentata sulla tavola XXX dell’atlante che viene riprodotta in margine. Anche per la natura della roccia questa lava si allinea con le formazioni più antiche di terrazzi lavici. Nella parete rocciosa direttamente sotto la cascata si trova incisa un’iscrizione greca, che testimonia in ogni caso anche l’età preistorica di questa parete. Questa iscrizione è già stata resa nota da Boechk, per cui non ci soffermiamo qui nuovamente. All’interno di questo massiccio roccioso sul quale il Simeto precipita è stato costruito probabilmente già in epoca greca un cunicolo lungo 20 m, in cui dalla pietra arenaria sgorga una sorgente chiara e fresca, la già citata Fontana Ficarazzi.”
Al di là delle osservazioni di carattere prettamente geologico, desta certamente particolare interesse nella descrizione di Sartorius il riferimento ad una iscizione di età greca incisa in una parete ubicata immediatamente sotto le cascate, di cui l’autore non riferisce il contenuto, ma ci dice che tale iscrizione è stata già analizzata (e forse copiata) da uno studioso anch’egli tedesco, tale August Boechk, curatore insieme ad altri esperti di una importante raccolta di iscrizioni greche dal titolo “Corpus Inscriptionum Graecarum“. Potrebbe dunque essere possibile ritrovare, tra le epigrafi greche pubblicate a cura di Boechk, anche quella di Policello citata dal barone Sartorius; altri studi al riguardo (sulla raccolta di Boechk o sugli archivi di Berlino in cui si conservano quaeste ricerche) potranno forse fare luce su questa epigrafe.

Un dettaglio della “Carta volcanologica e topografica dell’Etna” di Emilio Chaix. Il riquadro in rosso indica la possibile localizzazione delle cascate: accanto è possibile leggere il toponimo “Salto Pollicello (Cascate)”. Fonte: ETH-Bibliothek Zurich. Copia digitale da WWW.e-rara.ch


Si può anche avanzare una ipotesi sulla localizzazione topografica delle cascate: a tal proposito ci vengono in aiuto innanzitutto i rilievi topografici (pubblicati nella raccolta “Atlas de Aetna” del 1848-1861) del già citato Barone sartorius, il quale indicò nella tavoletta dedicata al rilievo del territorio di Adrano il posto preciso in cui esse sorgevano, denominandole sulla mappa “Salto Pulicieddu“. Anche nella “Carta volcanologica e topografica dell’Etna” di Emilio Chaix, del 1892, redatta sulla base dei rilievi del Sartorius, è possibile ritrovare l’indicazione del luogo della cascate, con il toponimo “Salto Pollicello (cascate)“. Queste indicazioni ci permettono di individuare l’area delle cascate con un margine di approssimazione probabilmente inferiore ai 100-150 metri, come mostrato dal dettaglio della mappa di Chaix. Utilizzando gli attuali rilievi di Google Map possiamo anche ricavare le coordinate geografiche del luogo ipotetico delle cascate, ovvero 37° 41′ 01,3” N; 14° 48′ 02,8” E.
Alfredo La Manna

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